Paolo TonaliniBilanci societari e perdite di capitale nel periodo di pandemiaFormaius22 Aprile 2020Paolo TonaliniAl fine di limitare l’impatto della pandemia sull’operatività delle società, il legislatore è intervenuto con alcune norme che derogano alle regole ordinarie sull’approvazione dei bilanci di esercizio e sulle conseguenze della perdita, parziale o integrale, del capitale sociale.Anzitutto si prevede la possibilità che l’assemblea ordinaria per l’approvazione del bilancio sia convocata entro centottanta giorni dalla chiusura dell’esercizio, anziché centoventi giorni, in deroga a quanto previsto dagli articoli 2364, secondo comma, e 2478-bis, del codice civile o alle diverse disposizioni statutarie (art. 106, primo comma, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, cosiddetto Decreto Cura Italia).Le società di capitali avranno quindi tempo fino al 28 giugno 2020 per l’approvazione del bilancio dell’esercizio 2019. Ciò dovrebbe consentire di redigere i bilanci avendo recuperato, almeno in parte, l’efficienza degli uffici amministrativi o degli studi professionali che le assistono.Il legislatore ha inoltre previsto la possibilità che l’assemblea dei soci si svolga mediante mezzi di telecomunicazione che garantiscano l’identificazione dei partecipanti, la loro partecipazione alla discussione e l’esercizio del diritto di voto (videoconferenza), senza la necessità che si trovino nel medesimo luogo il presidente e il segretario (art. 106, secondo comma, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, cosiddetto Decreto Cura Italia). Le assemblee si possono dunque svolgere senza alcun contatto tra le persone, e senza necessità di spostamento.Le società a responsabilità limitata possono infine consentire, anche in deroga a quanto previsto dall’articolo 2479, quarto comma, del codice civile e alle diverse disposizioni statutarie, che l’espressione del voto avvenga mediante consultazione scritta o per consenso espresso per iscritto (art. 106, terzo comma, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, cosiddetto Decreto Cura Italia).Regole specifiche sono previste per le società quotate in mercati regolamentati.Ancora più rilevanti sono le disposizioni che sospendono temporaneamente l’applicazione delle norme relative alla perdita, parziale o integrale, del capitale sociale (art. 6 del decreto legge 8 aprile 2020, n. 23, cosiddetto Decreto Liquidità).A decorrere dal 9 aprile 2020 e fino al 31 dicembre 2020, per le fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro la predetta data, non si applicano:– le norme che, in caso di perdita superiore al terzo del capitale sociale, impongono all’assemblea che approva il bilancio dell’esercizio successivo di deliberare la riduzione del capitale in proporzione alle perdite accertate, oppure la trasformazione della società (art. 2446, commi secondo e terzo, c.c. e art. 2482-bis, commi quarto, quinto e sesto, c.c.);– le norme che, in caso di perdita superiore al terzo del capitale sociale, e che riduce il capitale al disotto del minimo legale, impongono di deliberare immediatamente la riduzione del capitale e il contemporaneo aumento a importo non inferiore al minimo, oppure la trasformazione della società (art. 2447 c.c. e art. 2482-ter c.c.);– le norme in base alle quali la riduzione del capitale al disotto del minimo legale o la perdita totale del capitale determinano lo scioglimento della società, con conseguente apertura della liquidazione (art. 2484, primo comma, n. 4, c.c. e art. 2545-duodecies c.c.).Per i finanziamenti effettuati a favore delle società nel periodo compreso tra il 9 aprile 2020 e il 31 dicembre 2020, è inoltre sospesa l’applicazione delle norme che prevedono, nella s.r.l., la postergazione del rimborso dei finanziamenti dei soci rispetto agli altri creditori, se concessi in un momento in cui risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento a capitale (art. 2467 c.c.) e che, nell’ambito della disciplina in materia di direzione e coordinamento di società, estendono l’applicazione di tale regola ai finanziamenti effettuati a favore della società da chi esercita attività di direzione e coordinamento nei suoi confronti o da altri soggetti a essa sottoposti (art. 2497-quinquies c.c.) (art. 8 del decreto legge 8 aprile 2020, n. 23, cosiddetto Decreto Liquidità). Viene così incentivato il finanziamento da parte dei soci alla società.... Leggi di più...Sospensione termini per la prima casaFormaius15 Aprile 2020Paolo TonaliniIl Decreto liquidità, appena approvato dal Governo, ha sospeso i termini legati alle agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa. Ricordiamo che le norme sull’acquisto della prima casa prevedono la decadenza dalle agevolazioni fiscali se non si sposta la residenza entro 18 mesi dall’atto di acquisto, o se non si riacquista entro un anno in caso di vendita prima che siano trascorsi cinque anni dal primo acquisto. Il Governo ha deciso che i termini rimangano sospesi dal 23 febbraio 2020 al 31 dicembre 2020. I termini torneranno a decorrere allo scadere del periodo di sospensione.... Leggi di più...Covid-19 – Operatività dello studio notarileFormaius8 Aprile 2020Paolo TonaliniI provvedimenti del Governo e la chiusura dei Registri immobiliari Gli ultimi provvedimenti assunti dal Governo per fronteggiare l’emergenza sanitaria sono volti a limitare ulteriormente la mobilità e i contatti tra le persone, anche nell’ambito delle attività lavorative che rimangono operative per ragioni di pubblica utilità. Gli uffici pubblici hanno previsto chiusure e limitazioni per tutti i servizi non considerati essenziali. In particolare, la Direzione Regionale Lombardia dell’Agenzia Entrate ha comunicato la sospensione a tempo indeterminato dell’accettazione delle formalità relative ai Servizi di pubblicità immobiliare. Al termine della sospensione, le formalità nel frattempo inviate in via telematica saranno trattate nell’ordine di arrivo, ma nel frattempo non è possibile rilevarne l’eventuale presenza. Ciò rende estremamente rischiosa la stipula degli atti di compravendita immobiliare o dei mutui ipotecari, perché la sospensione del servizio non consente ai notai di verificare l’assenza di formalità pregiudizievoli (come per esempio ipoteche, pignoramenti, altre vendite relative allo stesso immobile, etc.). In conformità alle indicazioni dei Consigli Notarili Distrettuali e del Consiglio Nazionale del Notariato, gli studi notarili restano pertanto aperti, con orari ridotti, soltanto per gli atti indifferibili e urgenti. In tutti gli altri casi, la stipula degli atti deve infatti essere rinviata, per l’esigenza di tutelare il superiore interesse della salute pubblica. La presenza di oggettive ragioni di assoluta necessità e urgenza deve essere dichiarata dal richiedente in modo dettagliato, per consentirne la verifica da parte del notaio. Modalità di stipula degli atti La stipula degli atti urgenti avviene previo appuntamento e nel rispetto di tutte le precauzioni imposte dalla situazione (limitazione degli accessi, mantenimento della distanza tra le persone, disinfezione continua degli ambienti e delle superfici, aerazione dei locali). L’atto deve essere stipulato alla presenza delle sole parti e del notaio, senza accompagnatori o altri soggetti, in modo che possa essere assicurato il rispetto delle disposizioni delle autorità, e in particolare la distanza tra le persone. In occasione della stipula degli atti che presentano caratteristiche di assoluta urgenza, dovremo pertanto attenerci alle seguenti indicazioni: a) dovranno intervenire all’incontro solo le persone strettamente necessarie, senza accompagnatori, e tutti i partecipanti dovranno mantenersi ad almeno 2 metri di distanza uno dall’altro, ed evitare contatti personali (p. es. strette di mano); b) se possibile, è opportuno che le parti indossino le mascherine (lo studio notarile non è attualmente in grado di fornirle, essendo contingentate e destinate prioritariamente agli operatori sanitari); c) i soggetti che presentano sintomi da infezione respiratoria non devono partecipare alla stipula degli atti; d) è sconsigliata la partecipazione agli atti di soggetti anziani o persone affette da patologie che possono indebolire il sistema immunitario; e) prima dell’inizio della riunione, occorre mantenere la distanza raccomandata tra le persone nella sala d’attesa, e se ciò non fosse possibile, attendere all’esterno dell’ufficio; f) al termine di ogni riunione saranno disinfettate le superfici e areati i locali; g) è sospesa la consegna delle copie cartacee, salvi casi di comprovata urgenza (le copie saranno regolarmente inviate via mail). La legge consente inoltre di adottare, per la stipula degli atti, particolari forme giuridiche che consentono di ridurre al minimo gli spostamenti e la permanenza delle parti nello studio del notaio. Ciò risulterà necessario soprattutto se l’attuale situazione d’emergenza sanitaria si dovesse protrarre oltre i termini inizialmente previsti. La procura speciale Ricordiamo che si può utilizzare la procura speciale in forma notarile per delegare un’altra persona a intervenire alla stipula di un atto a nostro nome. In questo modo si può evitare lo spostamento al di fuori del Comune di residenza, oggi soggetto a forti limitazioni. La procura può contenere indicazioni dettagliate (per esempio circa il prezzo di una compravendita, le modalità di pagamento, la consegna dell’immobile, etc.) in modo di ridurre al minimo il margine di discrezionalità del rappresentante, che si limiterà a riportare la volontà del rappresentato. La procura, pur se redatta in forma cartacea, può essere facilmente trasmessa in via telematica dal notaio che la redige al notaio che dovrà stipulare l’atto per cui la procura è stata rilasciata. Si evita, in questo modo, di dover spedire per posta l’originale cartaceo della procura, e si riducono a zero i tempi di spedizione, poiché l’invio telematico consente la ricezione istantanea della procura. Il pagamento del prezzo La legge ci consente anche di gestire facilmente i pagamenti che abitualmente avvengono contestualmente agli atti di compravendita. Oggi è infatti possibile utilizzare la forma del deposito del prezzo presso il notaio, che mantiene la somma su un conto corrente dedicato (per legge separato dal patrimonio del notaio, indisponibile e impignorabile) e provvede a disporre il bonifico a favore del venditore dopo aver verificato il buon fine della trascrizione dell’atto nei registri immobiliari. In questo modo tutte le parti sono pienamente garantite (compresa la banca che concede il mutuo all’acquirente), e si risolvono anche i problemi pratici legati all’esecuzione del pagamento. Il deposito del prezzo presso il notaio consente inoltre di superare il problema della sospensione dei servizi di pubblicità immobiliare (già presente in alcune parti d’Italia, come in Lombardia). Il notaio, infatti, provvederà a corrispondere il prezzo al venditore, mediante bonifico, solo quando avrà potuto verificare l’assenza di formalità pregiudizievoli, dopo la riapertura dei servizi di pubblicità immobiliare. La scrittura privata autenticata Ricordiamo anche che la maggior parte degli atti notarili possono essere stipulati utilizzando la forma della scrittura privata autenticata, che non richiede la presenza contestuale di entrambe le parti davanti al notaio, e in tal modo è possibile evitare di recarsi contemporaneamente nello studio del notaio, e passare a firmare separatamente. Per ridurre ulteriormente i tempi della permanenza nello studio del notaio, potremmo anche ipotizzare di far precedere la firma dell’atto da un collegamento in videoconferenza tra il notaio e le parti interessate, nel corso del quale si potrà dare lettura integrale dell’atto, le parti potranno chiedere qualsiasi chiarimento e il notaio potrà fornire tutte le spiegazioni opportune. In questo modo, quando ci si recherà dal notaio per le firme, tutto sarà già stato chiarito, e si potrà procedere più rapidamente agli adempimenti di legge. Nel caso del mutuo bancario, anche il legale rappresentante della banca potrà firmare l’atto separatamente, senza incontrare fisicamente i clienti. Il mutuo, peraltro, può essere legittimamente stipulato anche nella forma cosiddetta “unilaterale”, che prevede che solo il cliente firmi l’atto davanti al notaio, poiché la legge non richiede necessariamente l’autentica della firma del legale rappresentante della banca. L’utilizzo di queste forme giuridiche ci consente, in caso di assoluta necessità e urgenza, la stipula degli atti notarili in piena sicurezza.... Leggi di più...Incentivi per la valorizzazione ediliziaFormaius10 Febbraio 2020Paolo TonaliniSino al 31 dicembre 2021, i trasferimenti di interi fabbricati a favore di imprese di costruzione o di ristrutturazione immobiliare sono soggetti alle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di euro 200 ciascuna, in presenza di alcuni specifici requisiti previsti dalla legge (art. 7 del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34, come modificato dalla legge di conversione 28 giugno 2019, n. 58). La legge prevede l’applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di euro 200 quando: – l’acquisto del fabbricato è effettuato da un’impresa (ditta individuale o società) che svolge attività di costruzione o ristrutturazione di edifici – l’acquisto ha come oggetto un “intero fabbricato”, indipendentemente dalla natura dello stesso; si ritiene che l’impresa possa anche acquistare da più soggetti diverse porzioni del fabbricato, purché l’acquisto riguardi nel complesso l’intero fabbricato; – l’acquisto avviene entro il 31 dicembre 2021; L’impresa che acquista l’intero fabbricato deve procedere alla demolizione e ricostruzione di un nuovo fabbricato, anche con variazione volumetrica, ove consentito dalle normative urbanistiche oppure deve eseguire interventi di manutenzione straordinaria, interventi di restauro e risanamento conservativo o interventi di ristrutturazione edilizia (individuati dall’art. 3, comma 1, lettere b), c) e d) del d.P.R. n. 380 del 2001). In entrambi i casi (ricostruzione o ristrutturazione edilizia) il nuovo fabbricato deve risultare conforme alla normativa antisismica e deve conseguire una delle classi energetiche NZEB (“Near Zero Energy Building”), A o B. L’impresa deve infine procedere all’alienazione del fabbricato per almeno il 75 per cento del suo volume, entro 10 anni dalla data di acquisto. Qualora non siano rispettate le condizioni sopra richiamate, in base alle quali sia stata concessa l’agevolazione in sede di acquisto del fabbricato, le imposte di registro, ipotecaria e catastale sono dovute nella misura ordinaria con l’applicazione della sanzione del 30 per cento delle stesse imposte.... Leggi di più...Rivalutazione delle partecipazioni sociali 2020Formaius7 Febbraio 2020Paolo TonaliniIl termine per la rideterminazione del valore fiscale dei titoli, quote o i diritti non negoziati nei mercati regolamentati di proprietà di persone fisiche, società semplici ed enti non commerciali è stato riaperto dalla legge di bilancio 2020, che ha stabilito l’aliquota dell’imposta sostitutiva all’11% per tutte le partecipazioni sociali. E’ stata dunque eliminata la distinzione tra le partecipazioni “qualificate”, cioè che rappresentano una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 20% oppure una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 25% (art. 67, comma 1, lettera c, del testo unico delle imposte sui redditi, d.P.R. 917/1986), che già erano tassate all’11%, e quelle “non qualificate” (art. 67, comma 1, lettera c-bis), per le quali lo scorso anno era prevista l’aliquota del 10%. La nuova scadenza è fissata al 30 giugno 2020. Entro tale data deve essere asseverata la perizia e deve essere pagata l’imposta sostitutiva (o almeno la prima rata, in caso di rateazione). La data a cui deve fare riferimento la perizia è fissata al primo gennaio 2020. Ciò significa che può operare la rivalutazione chi era titolare delle partecipazioni al primo gennaio 2020, e si può tenere conto degli incrementi di valore verificatisi fino a questa data. Il valore su cui si paga l’imposta sostitutiva è assunto come valore iniziale delle partecipazioni al momento della vendita. Ciò significa che se la vendita avviene entro breve tempo, senza che sia aumentato ancora il valore, non c’è alcuna plusvalenza. Per godere dell’agevolazione occorre far predisporre una perizia giurata di stima del valore di mercato delle partecipazioni al primo gennaio 2020. La perizia deve essere redatta da soggetti iscritti all’albo dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, nonché nell’elenco dei revisori contabili. Il perito deve giurare la perizia davanti a un notaio entro il 30 giugno 2020. In alternativa, il giuramento può avvenire in tribunale. Entro la stessa data il titolare delle partecipazioni deve versare l’imposta sostitutiva. E’ ancora possibile dilazionare l’imposta in tre anni, pagando un interesse annuo del 3% sulle rate successive alla prima. Nel caso delle partecipazioni sociali la perizia può essere giurata anche dopo la vendita delle partecipazioni, purché entro il 30 giugno 2020. Ricordiamo che chi aveva già in precedenza rivalutato le partecipazioni (al primo gennaio 2002, al primo gennaio 2003, al primo luglio 2003, al primo gennaio 2005, al primo gennaio 2008, al primo gennaio 2010, al primo luglio 2011, al primo gennaio 2013, al primo gennaio 2014, al primo gennaio 2015, al primo gennaio 2016, al primo gennaio 2017, al primo gennaio 2018 o al primo gennaio 2019) può rivalutarle ancora, detraendo dall’imposta sostitutiva dovuta per la nuova rivalutazione l’imposta sostitutiva già pagata in precedenza. In passato, invece, era necessario pagare interamente la nuova imposta, e poi chiedere il rimborso di quanto già pagato. E’ possibile operare la rideterminazione del valore delle partecipazioni anche al ribasso (se hanno perso valore dopo la precedente rivalutazione), ma in tal caso occorre pagare la differenza tra la nuova imposta sostitutiva e quella già pagata.... Leggi di più...Plusvalenza da cessione di fabbricati o terreni agricoli, l’imposta sostitutiva aumenta al 26%Formaius28 Gennaio 2020Paolo TonaliniLa legge di bilancio 2020 ha aumentato dal 20% al 26% l’imposta sostitutiva sulla plusvalenza derivante dalla cessione di fabbricati o terreni agricoli acquistati (o costruiti) da meno di cinque anni (ferma restando l’esenzione prevista per le abitazioni principali). Ricordiamo che la plusvalenza derivante dalla vendita di un immobile da parte di una persona fisica è normalmente tassata nell’ambito della dichiarazione dei redditi, quindi le aliquote dipendono dal reddito complessivo del venditore. Normalmente si fa riferimento all’aliquota media dell’imposta sui redditi versata nei due anni precedenti. In alcuni casi, però, la legge consente al venditore di pagare al momento dell’atto un’imposta sostitutiva delle ordinarie imposte sui redditi, facendone specifica richiesta al notaio prima della stipula. L’imposta è applicata dal notaio al momento dell’atto, e immediatamente versata al fisco per via telematica. L’aliquota dell’imposta sostitutiva è aumentata dal 20% al 26% dal primo gennaio 2020. La nuova misura dell’aliquota rende meno conveniente la scelta per l’imposta sostitutiva, che deve essere valutata in base ai redditi del venditore. La scelta rimane conveniente sopratutto per chi ha redditi più alti. La possibilità di chiedere l’applicazione dell’imposta sostitutiva è limitata all’ipotesi in cui la plusvalenza deriva dalla cessione di fabbricati o terreni agricoli acquistati (o costruiti) da meno di cinque anni (ferma restando l’esenzione prevista per le abitazioni principali). Dal primo gennaio 2007, infatti, è stata esclusa dall’applicazione dell’imposta sostitutiva la plusvalenza derivante dalla vendita di terreni edificabili, che deve quindi essere sempre inserita nella dichiarazione dei redditi del venditore.... Leggi di più...Detrazione Irpef per chi acquista abitazioni in classe energetica A o B dal costruttoreFormaius15 Gennaio 2020Paolo TonaliniLa detrazione Irpef pari al 50% dell’Iva pagata per l’acquisto di abitazioni di classe energetica A o B, direttamente dall’impresa costruttrice è stata prorogata sino al 31 dicembre 2017 (art.. 9, comma 9-octies, D.L. 30 dicembre 2016 n. 244, introdotto in sede di conversione dalla legge 27 febbraio 2017 n. 19). L’agevolazione era stata inizialmente prevista con durata limitata dal primo gennaio al 31 dicembre 2016 (art 1, comma 56, legge 28 dicembre 2015, n. 208) e alla sua scadenza non era stata immediatamente prorogata. La proroga è arrivata ora con effetto retroattivo. Questa agevolazione consente di dimezzare, di fatto, l’aliquota Iva, dal 4% al 2% per la prima casa, dal 10% al 5% per le altre abitazioni, e dal 22% all’11% per le case di lusso. L’importo può essere detratto dall’Irpef dell’acquirente in dieci anni. L’acquisto deve avere per oggetto unità a destinazione residenziale di classe energetica A o B (in base all’attestato di prestazione energetica che deve essere allegato all’atto di acquisto); non sono richiesti altri requisiti, dunque non è necessario che sia l’abitazione principale, né sono previste esclusioni per gli immobili di lusso (Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 20/E del 18 maggio 2016). L’Agenzia delle Entrate, modificando la propria posizione rispetto alla prime interpretazione della norma fornita a Telefisco 2016, ritiene ora che l’agevolazione si applichi, oltre che all’acquisto di immobili nuovi (quelli per i quali non è intervento un acquisto intermedio) venduti direttamente dalle imprese costruttrici, anche alle vendite effettuate da imprese che hanno eseguito lavori di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo o ristrutturazione edilizia, dovendosi intendere l’espressione “imprese costruttrici” contenuta nella legge come “imprese che applicano l’Iva al trasferimento” (Circolare n. 20/E/2016). L’agevolazione spetta anche per le pertinenze dell’abitazione (per esempio autorimesse o cantine), se acquistate contestualmente all’abitazione, con indicazione nell’atto del vincolo pertinenziale. Quando si acquista un’abitazione che fa parte di un edificio interamente ristrutturato dall’impresa venditrice, ricorrono anche i presupposti per un’altra detrazione Irpef, quella del 50% su un importo pari al 25% del costo sostenuto per l’acquisto di abitazioni in fabbricati interamente ristrutturati (art. 16-bis, comma 3 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi). In questo caso, però, non è possibile far valere le due agevolazioni sulla medesima spesa, pertanto la detrazione di cui all’art. 16-bis dovrà essere calcolata sull’importo rimasto a carico dell’acquirente dopo aver applicato la detrazione del 50% dell’Iva. Lo stesso vale per l’agevolazione prevista per l’acquisto di box pertinenziali di nuova costruzione. L’Agenzia delle Entrate aveva già chiarito anche che la detrazione è pari al 50% dell’importo corrisposto per il pagamento dell’Iva in relazione all’acquisto di unità immobiliari effettuato o da effettuare entro il 31 dicembre 2017. Ne consegue che, ai fini della detrazione e in applicazione del principio di cassa, è necessario che il pagamento dell’Iva avvenga nel periodo di imposta 2016 o 2017. Rimane dunque esclusa dalla detrazione l’Iva corrisposta sugli acconti pagati nel 2015 per le vendite stipulate nel 2016 o nel 2017. L’Agenzia delle Entrate ritiene inoltre che l’Iva in acconto versata nell’anno 2017 per gli acquisti effettuati nel 2018 non sia detraibile perché la norma si riferisce agli acquisti effettuati o da effettuare entro il 31 dicembre 2017 (salvo ulteriore proroga). L’Agenzia delle Entrate ha invece precisato che la detrazione Irpef è ammessa per l’Iva pagata sulla cessione di fabbricati abitativi da parte delle imprese costruttrici anche dopo cinque anni dalla fine dei lavori, quando l’impresa ha esercitato l’opzione per la relativa imposizione. L’Agenzia delle Entrate ha infine ammesso la detrazione anche per l’acquisto di un appartamento che l’impresa costruttrice, in attesa di venderlo, aveva concesso in locazione.... Leggi di più...La donazione con riserva di disporreFormaius15 Gennaio 2020Paolo Tonalini La legge prevede espressamente che il donante possa riservarsi la facoltà di disporre di qualche oggetto compreso nella donazione o di una determinata somma sui beni donati (art. 790 c.c.). Si tratta di una norma poco conosciuta, le cui applicazioni nella pratica risultano piuttosto limitate, ma che si presta ad essere utilizzata per soddisfare una specifica esigenza del donante. La dottrina ha evidenziato come le due ipotesi previste dal legislatore rappresentino in realtà due diverse situazioni. La riserva di disporre di “qualche oggetto compreso nella donazione”, ovvero uno o più beni tra quelli donati, è considerata una donazione sottoposta, per una parte dei beni che ne sono oggetto, a una condizione risolutiva meramente potestativa (cioè rimessa alla pura e semplice volontà del donante), eccezionalmente valida perché prevista espressamente dalla legge, in deroga alla disciplina generale. Il donante, dunque, può riservarsi di disporre, cioè di riprendersi, uno o più beni tra quelli donati, che si ritiene debbano essere specificamente individuati nell’atto di donazione. Trattandosi di norma eccezionale, che fa riferimento solo ad alcuni dei beni donati, si ritiene che la riserva non possa avere ad oggetto tutti i beni donati, perché ciò consentirebbe al donante di revocare a propria discrezione la donazione, e ciò non è ammesso dal nostro ordinamento giuridico. Anche una riserva avente per oggetto quasi tutti i beni donati è considerata nulla in quanto negozio in frode alla legge. La riserva di disporre di “una determinata somma sui beni donati” è considerata invece una donazione con onere a carico del donatario, sottoposto a condizione sospensiva meramente potestativa (cioè rimessa alla pura e semplice volontà del donante), anche in questo caso eccezionalmente valida perché prevista espressamente dalla legge, in deroga alla disciplina generale. Il donatario, infatti, accettando la donazione, assume l’obbligo di versare al donante una somma di denaro, in seguito alla semplice richiesta di quest’ultimo. Si ritiene che la somma di denaro non debba necessariamente essere stata oggetto della donazione. Il donatario, dunque, potrebbe anche essere tenuto a versare una somma di denaro che non ha ricevuto in donazione. Trattandosi di un onere, la somma da versare non può eccedere il valore di ciò che è stato oggetto di donazione. Il donatario, infatti, è tenuto all’adempimento dell’onere entro i limiti del valore della cosa donata (art. 793 c.c.).... Leggi di più...L’oggetto della prelazione agrariaFormaius15 Gennaio 2020Paolo TonaliniL’oggetto della prelazione agraria è sempre e soltanto un “fondo rustico” o fondo agricolo (art. 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590). La legge non fornisce ulteriori specificazioni, ma per fondo agricolo si intende comunemente il terreno destinato all’agricoltura, che può essere comprensivo anche di uno o più fabbricati rurali, cioè fabbricati destinati esclusivamente al servizio dell’attività agricola svolta sul fondo. La destinazione agricola risulta normalmente dal certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Comune. Questo certificato deve essere allegato all’atto di compravendita, nella sua versione più aggiornata (non deve essere stato rilasciato da più di un anno, e la parte venditrice deve dichiarare davanti al notaio che non sono intervenute modifiche negli strumenti urbanistici dopo il suo rilascio, quindi esso rappresenta fedelmente la situazione urbanistica del terreno). In questo modo la parte acquirente è sempre in grado di verificare agevolmente la destinazione urbanistica del terreno che sta acquistando. I terreni a destinazione agricola sono normalmente indicati nel certificato di destinazione urbanistica come “zona agricola”, con eventuale aggiunta di ulteriori specificazioni, oppure come “verde agricolo”. Sono espressamente esclusi dalla prelazione agraria i terreni edificabili di qualsiasi genere (residenziali, artigianali, industriali, commerciali). La legge precisa che occorre fare riferimento anche agli strumenti urbanistici non ancora vigenti, poiché non si è ritenuto compatibile con le finalità della prelazione agraria l’acquisto di un terreno destinato a perdere, in breve tempo, la destinazione agricola (art. 8, secondo comma, della legge 26 maggio 1965, n. 590). La norma, per escludere il diritto di prelazione, fa riferimento ai terreni destinati ad utilizzazione edilizia “in base a piani regolatori, anche se non ancora approvati”. La Corte di Cassazione è intervenuta spesso per chiarire questo aspetto, e ha precisato anzitutto che si deve tenere conto di qualsiasi strumento urbanistico di pianificazione del territorio, proveniente dal Comune o da altro ente territoriale (si veda, per esempio, Cass. 24 marzo 2003, n. 4274; Cass. 19 gennaio 2000, n. 534; Cass. 23 giugno 1999, n. 6401; Cass. 20 giugno 1998, n. 6161; Cass. 14 gennaio 1997, n. 306; Cass. 2 aprile 1996, n. 3028). La finalità della norma, infatti, è quella di escludere il diritto di prelazione agraria in tutti i casi in cui il terreno è destinato a perdere la sua attuale destinazione agricola per acquisire la natura di bene edificabile, o comunque di area utilizzata per scopi diversi da quelli agricoli. Il diritto di prelazione è dunque escluso quando è già iniziato un procedimento amministrativo finalizzato al mutamento della destinazione urbanistica del terreno, purché questo procedimento sia già stato formalizzato in atti conoscibili dai terzi. Non è sufficiente, dunque, la richiesta di variante urbanistica presentata al Comune dal proprietario del fondo agricolo, che è un semplice atto privato sul quale la pubblica amministrazione non si è ancora pronunciata (Cass. 21 gennaio 2000, n. 673). Non deve essere in ogni caso considerato edificabile il terreno in cui gli strumenti urbanistici consentono esclusivamente la realizzazione di costruzioni strumentali all’attività agricola, neppure se è già stato rilasciato il relativo titolo abilitativo (Cass. 21 novembre 1990, n. 11241). Non escludono il diritto di prelazione agraria la destinazione paesistica, che risulta compatibile con l’esercizio dell’attività agricola sul terreno (Cass. 20 dicembre 1990, n. 12090; Cass. 28 aprile 1990, n. 3592), né, naturalmente, la destinazione agrituristica, che rientra espressamente nell’ambito delle attività connesse con l’attività agricola (Cass. 27 novembre 1991, n. 12684). La giurisprudenza più recente, superando il precedente orientamento, esclude invece dalla prelazione agraria i terreni che rientrano nella destinazione a “verde pubblico”, cioè destinati alla formazione di parchi pubblici e in genere di spazi verdi per l’utilizzo collettivo della popolazione urbana (Cass. 6 marzo 2006, n. 4797; Cass. 29 marzo 2003, n. 4842; Cass. 28 giugno 2011, n. 8851; Cass. 16 novembre 1989, n. 4878) e a “verde privato”, cioè destinati alla realizzazione di giardini, parchi e spazi verdi di uso privato (Cass. 16 maggio 2003, n. 7641). Secondo la Corte di Cassazione, infatti, il legislatore ha inteso escludere dalla prelazione tutti i terreni la cui destinazione seppure non edificatoria, sia da considerare comunque “urbana” (“verde pubblico”, “verde privato” e le cosiddette “zone di rispetto”, come per esempio le aree di rispetto cimiteriale) in contrapposizione alla destinazione “agricola” (Cass. 31 marzo 2010, n. 7796; Cass. 28 aprile 2006, n. 9963; Cass. 6 marzo 2006, n. 4797). Ricordiamo infine che se il terreno offerto in vendita ha solo in parte destinazione agricola, il diritto di prelazione spetta soltanto sulla parte agricola (Cass. 24 novembre 1986, n. 6910; Cass. 12 aprile 2000, n. 4659; Cass. 6 marzo 2006, n. 4797). È pertanto opportuno che già nel contratto preliminare il prezzo complessivo sia scorporato nelle sue due componenti, quella relativa alla porzione agricola e quella relativa alla porzione edificabile o comunque a destinazione diversa, al fine di consentire l’esercizio della prelazione (in caso contrario, la prelazione può comunque essere esercitata sulla porzione agricola, e la determinazione del prezzo sarà rimessa al giudice). Una sentenza della Corte di Cassazione ha però consentito di estendere l’esercizio della prelazione all’intero terreno oggetto della compravendita, nel quale la zona agricola era ampiamente prevalente su quella avente destinazione diversa, considerando sia il valore sia la superficie (Cass. 6 agosto 2002, n. 11757). La presenza di uno o più fabbricati sul fondo agricolo offerto in vendita non esclude il diritto di prelazione. Dobbiamo però distinguere due ipotesi. Se si tratta di fabbricati rurali, cioè fabbricati destinati esclusivamente al servizio dell’attività agricola svolta sul fondo, la prelazione può essere esercitata sull’intero fondo agricolo, comprensivo dei fabbricati (Cass. 10 settembre 1986, n. 5538). In caso contrario, la prelazione può essere esercitata solo sul terreno agricolo, e non sui fabbricati. Anche in questo caso è opportuno che già nel contratto preliminare il prezzo complessivo sia scorporato nelle sue due componenti (terreno agricolo e fabbricati non strumentali) per consentire l’esercizio della prelazione sui soli terreni agricoli, e in mancanza la prelazione può essere esercitata sul solo terreno agricolo, e la determinazione del prezzo sarà rimessa al giudice. In passato veniva escluso il diritto di prelazione agraria per i fabbricati che, pur strumentali all’attività agricola, fossero stati dichiarati al catasto fabbricati, ritenendo che in tale ipotesi la costruzione perdesse il suo connotato di fabbricato rurale. Questo elemento formale è stato però smentito dalla successiva evoluzione della normativa catastale, che come è noto oggi impone l’iscrizione al catasto fabbricati per tutte le costruzioni, compresi i fabbricati rurali, che non per questo, ovviamente, perdono i requisiti di ruralità, se presenti. Oggi, pertanto, il discrimine non può certo essere l’iscrizione in catasto fabbricati, che sarà sempre presente, ma piuttosto l’effettiva ruralità del fabbricato, che potrà essere compreso nel fondo oggetto di prelazione agraria soltanto ne effettivamente destinato al servizio dell’attività agricola, e dunque in presenza di tutti i requisiti previsti dalla legge per il riconoscimento della ruralità (art. 9 del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, e modificato dall’art. 42-bis del d.l. 1 ottobre 2007, n. 159, convertito con modificazioni dalla legge 29 novembre 2007, n. 222). La vendita del solo fabbricato rurale normalmente non è soggetta a prelazione agraria, dato che questo può assumere rilevanza, sotto il profilo della prelazione, esclusivamente quale pertinenza del terreno agricolo, al cui servizio è destinato. La Corte di Cassazione ha però eccezionalmente riconosciuto applicabile il diritto di prelazione agraria a un fabbricato rurale che, pur essendo venduto separatamente, rimaneva adibito al servizio dell’impresa agricola, e in particolare ha riconosciuto il diritto di prelazione all’affittuario del fondo che aveva già acquistato i terreni, in caso di successiva vendita dei fabbricati (Cass. 15 maggio 2009, n. 11314; Cass. 2 aprile 1992, n. 4011). La giurisprudenza ha precisato che il diritto di prelazione esiste indipendentemente dalla dimensione del fondo agricolo (Cass. 2 febbraio 1995, n. 1244; Cass. 2 marzo 2000, n. 2327), quindi sono soggetti alla prelazione agraria sia i terreni di piccole dimensioni, sia quelli di grande estensione (ferma restando la limitazione dimensionale derivante dalla capacità lavorativa della famiglia del coltivatore diretto). Inoltre, è indifferente il tipo di coltivazione in atto (Cass. 25 marzo 2003, n. 4374; Cass. 2 febbraio 1995, n.1244), anzi è soggetto a prelazione agraria anche il fondo attualmente non coltivato (incolto), perché ciò che conta è soltanto la possibilità di una futura coltivazione da parte dell’acquirente (Cass. 2 febbraio 1995, n. 1244). Anche il terreno boschivo è soggetto a prelazione agraria, dato che il bosco è considerato una forma di coltivazione agricola (Cass. 17 ottobre 1984, n. 5242). La giurisprudenza ha invece escluso il diritto di prelazione in caso di affitto di terreno adibito a pascolo o in presenza di un contratto di vendita di erbe, o pascipascolo (Cass. 2 marzo 2007, n. 4958). Una situazione in cui la normativa sulla prelazione presenta qualche limite è quella della vendita di un fabbricato di civile abitazione, non a destinazione rurale, con un terreno circostante qualificato come agricolo. Si tratta, insomma, di una villa di compagna, circondata da una porzione di terreno di proprietà, che può essere destinato a parco o giardino, oppure a bosco, o anche incolto, ed è spesso acquistata come seconda casa. È evidente che oggi questa tipologia abitativa ha senso, e può essere offerta sul mercato, solo se accompagnata da una certa estensione di terreno. Senza il terreno circostante, i potenziali acquirenti non sono interessati a comprare la villa. Al momento della vendita di questo complesso immobiliare, si pone però il problema del diritto di prelazione agraria spettante ai confinanti, se questi sono in possesso dei requisiti soggettivi. L’esercizio del diritto di prelazione potrebbe portare all’acquisto, da parte del confinante, del solo terreno agricolo, lasciando al venditore un’abitazione privata di gran parte del suo valore commerciale. Il caso non è espressamente contemplato dalla legge, rimasta sostanzialmente ferma agli anni ’60 e ’70 e del secolo scorso. È importante, dunque, capire esattamente fino a che punto il confinante può esercitare il diritto di prelazione agraria, e tenerne conto fin dal momento della sottoscrizione del contratto preliminare di compravendita. Il diritto di prelazione è escluso solo per il terreno che può essere considerato strettamente pertinenziale all’abitazione (giardino, orto, cortile, parco) (Cass. 10 agosto 1988, n. 4920). La porzione di terreno pertinenziale all’abitazione, infatti, perde la connotazione agricola per assumere la stessa destinazione del bene principale, cioè dell’abitazione. La verifica della natura pertinenziale del terreno è una questione di fatto, che richiede un riscontro specifico in ciascun caso concreto. Il primo aspetto da verificare è la situazione dell’immobile, non solo in base alla descrizione contenuta nel contratto preliminare o nell’atto di compravendita, ma esaminando anche lo stato di fatto dell’immobile. La presenza di una recinzione che abbraccia l’intera proprietà (casa e terreno) può essere indice di pertinenzialità, così come la presenza di piante decorative tipiche dei giardini. Al contrario, è difficile considerare pertinenziale all’abitazione un terreno coltivato a frumento, un vigneto o una risaia. La situazione catastale può essere indicativa, anche se non risolutiva. È verosimile che l’area censita in catasto fabbricati insieme alla casa, e quindi riportata nella relativa scheda catastale o “graffata” alla particella dell’abitazione, costituisca effettivamente una pertinenza della stessa, In ogni caso non è sufficiente la semplice richiesta di accatastamento (Cass. 10 agosto 1988, n. 4920). Anche l’estensione del terreno è importante, perché il giardino è normalmente proporzionato alle dimensioni dell’abitazione. Di regola, quindi, il terreno pertinenziale sarà estensione limitata. Ciò non toglie che una casa importante possa avere un parco di notevole estensione. La Corte di Cassazione ha pertanto escluso il diritto di prelazione agraria nel caso della vendita di una villa gentilizia e del suo parco (Cass. 12 agosto 1991, n. 8787).... Leggi di più...Rivalutazione dei terreni edificabili e agricoliFormaius8 Gennaio 2020Paolo TonaliniIl termine per la rideterminazione del valore fiscale dei terreni edificabili e agricoli di proprietà di persone fisiche, società semplici ed enti non commerciali è stato riaperto dalla legge di bilancio 2020, che ha però aumentato l’imposta sostitutiva dal 10% all’11%. Il termine per la rivalutazione è ora fissato al 30 giugno 2020. Entro tale data deve essere asseverata la perizia e deve essere pagata l’imposta sostitutiva (o almeno la prima rata, in caso di rateazione). La data a cui deve fare riferimento la perizia è quella del 1° gennaio 2020. Ciò significa che può operare la rivalutazione chi è già proprietario di un terreno al 1° gennaio 2020, e si può tenere conto degli incrementi di valore verificatisi fino a questa data. Il valore su cui si paga l’imposta sostitutiva sarà assunto come valore iniziale del terreno al momento della vendita. Ciò significa che se la vendita avviene entro breve tempo, senza che sia aumentato ancora il valore, non c’è alcuna plusvalenza. Per godere dell’agevolazione occorre far predisporre una perizia giurata di stima del valore di mercato del terreno al 1° gennaio 2020. La perizia deve essere redatta da un tecnico abilitato (ingegnere, architetto, geometra, agronomo, agrotecnico, perito agrario o perito industriale edile). Il perito deve giurare la perizia davanti a un notaio entro il 30 giugno 2020. In alternativa il giuramento può avvenire in tribunale. Entro la stessa data il proprietario del terreno deve versare l’imposta sostitutiva, che oggi è pari all’11% del valore risultante dalla perizia. Si può però dilazionare l’imposta in tre anni, pagando un interesse annuo del 3% sulle rate successive alla prima. Secondo la Corte di Cassazione la perizia si potrebbe asseverare anche dopo la vendita (sentenza 11062/13), ma l’agenzia delle entrate ritiene che la perizia deve sempre essere redatta prima della vendita del terreno. Il valore di perizia, infatti, è il valore minimo su cui calcolare le imposte dovute dall’acquirente, anche quando il prezzo effettivamente pagato è più basso. Un altro aspetto da considerare è quello dell’Imu, che si applica sul valore di mercato degli immobili al primo gennaio di ogni anno. Con una perizia che ne determina il valore è difficile assumere un valore diverso per il calcolo dell’imposta. Ricordiamo che chi ha già in precedenza rivalutato un terreno (al primo gennaio 2002, al primo gennaio 2003, al primo luglio 2003, al primo gennaio 2005, al primo gennaio 2008, al primo gennaio 2010, al primo luglio 2011, al primo gennaio 2013, al primo gennaio 2014, al primo gennaio 2015, al primo gennaio 2016, al primo gennaio 2017, al primo gennaio 2018 o al primo gennaio 2019) può rivalutarlo ancora, detraendo dall’imposta sostitutiva dovuta per la nuova rivalutazione l’imposta sostitutiva già pagata in precedenza. In passato, invece, era necessario pagare interamente la nuova imposta, e poi chiedere il rimborso di quanto già pagato. E’ possibile operare la rideterminazione del valore del terreno anche al ribasso (se questo ha perso valore dopo la precedente rivalutazione), per evitare che l’acquirente del terreno debba pagare l’imposta di registro sul valore della vecchia perizia, anche se superiore al prezzo pagato per l’acquisto, ma in tal caso occorre pagare l’eventuale differenza tra la nuova imposta sostitutiva e quella già pagata.... Leggi di più...