Alessio ParadisoIL DECRETO C.D. CURA ITALIA E IL NUOVO REGIME CHE GOVERNA L’INADEMPIMENTO AI TEMPI DEL CORONAVIRUS.Formaius30 Aprile 2020Alessio Paradiso / Antonio FerraioliL’art. 91 d.l. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. decreto Cura Italia) integra l’art. 3 d.l. 23 febbraio 2020, n. 6 (convertito con modificazioni con la l. 5 marzo 2020, n. 13), aggiungendo dopo il comma 6 il seguente ulteriore comma: “6-bis. Il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”. LA NORMA DI DISCIPLINA DELL’ART.1218 c.c.L’ESONERO DA RESPONSABILITA’ PER CAUSA NON IMPUTABILE AL DEBITOREIL FACTUM PRINCIPIS E LE MISURE DI CONTENIMENTOIL RISPETTO DELLE MISURE DI CONTENIMENTOLA CONCLUSIONE DEL CONTRATTO DI VENDITA IMMOBILIAREI CONTRATTI DI LOCAZIONE IN CORSO. NO AUTORIDUZIONE. MA RECESSO PER GRAVI MOTIVI. IL CREDITO DI IMPOSTA C1. LA NORMA DI DISCIPLINA DELL’ART.1218 c.c. Il precetto contenuto nell’art. 1218 c.c. dispone come regola che governa l’inadempimento del debitore “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”. IN PARTICOLARE. Nella nozione di inadempimento va ricompreso sia il caso in cui la prestazione sia rimasta del tutto ineseguita, sia il caso in cui non sia stata eseguita esattamente, La dottrina distingue i vari piani di inadempimento: 1-inadempimento totale,se manca del tutto la prestazione dovuta; 2-adempimento inesatto. se la prestazione è stata eseguita, ma l’adempimento non è completamente conforme a quanto pattuito; la prestazione può rivelarsi inesatta sul piano quantitativo, sul piano territoriale (se è stata effettuata in un luogo diverso rispetto a quello rilevante per l’interesse del creditore), sul piano qualitativo (quando si riceve un bene con caratteristiche non conformi a quelle che ci si aspettava), sotto il profilo temporale (quando si adempie un’obbligazione in ritardo), infine sul piano soggettivo (quando la prestazione è stata eseguita da un soggetto diverso ovvero indirizzata a persona diversa); 3- definitivo, se la prestazione non può essere più adempiuta; 4-temporaneo, se la prestazione non ancora eseguita può ancora essere adempiuta; 4-imputabile, se è dovuta a dolo o colpa del debitore; 5-non imputabile se non è riconducibile all’atteggiamento doloso o colposo del debitore. Le ipotesi che possono presentarsi sono: a-la prestazione diventa impossibile per causa non imputabile al debitore e questi riesce a dimostrarlo: il debitore è liberato dall’obbligazione e non sarà tenuto al risarcimento; b-la prestazione diventa impossibile per causa imputabile al debitore; egli non è liberato dall’obbligazione e pur non essendo più tenuto ad effettuarla (proprio in quanto divenuta impossibile) sarà tenuto a risarcire il danno al creditore; c-la prestazione è divenuta impossibile per causa non imputabile al debitore, ma questi non riesce a provarlo; si ricade nelle conseguenze di cui alla lettera b. (cfr. Cass, Sez, Un, 13533/2001). 2. L’ESONERO DA RESPONSABILITA’ PER CAUSA NON IMPUTABILE AL DEBITORE Il precetto contenuto dall’art. 1218 viene corretto dalla norma di disciplina contenuta nell’ l’art. 1256, che integra il precetto primario, stabilendo delle clausole di esonero dalla responsabilità. Per effetto della “correzione” si stabilisce che l’impossibilità della prestazione per causa non imputabile al debitore determina l’estinzione dell’obbligazione. IN PARTICOLARE: ove concorrano i due elementi della impossibilità della prestazione (di carattere oggettivo) e della non imputabilità di detta impossibilità a fatto del debitore (elemento soggettivo), si verificano i seguenti effetti: Il debitore inadempiente non è tenuto al risarcimento del danno cfr. arg.ex art. 1218Per effetto dell’impossibilità sopravvenuta della dell’obbligazione il debitore è liberato ex art. 1256 La causa non imputabile consiste in un impedimento invincibile all’adempimento dell’obbligazione, non dipendente da dolo o da colpa del debitore. Deve trattarsi anche di evento imprevedibile in relazione alla natura del negozio e alle condizioni del mercato. Ai fini del verificarsi dell’effetto sopra indicato è necessario l’ulteriore requisito della impossibilità della prestazione. L’impossibilità deve attenere alla prestazione nella sua oggettività e non le vicende soggettive del debitore quale difficoltà fisiche ed economiche. L’impossibilità deve essere TOTALE, ovvero deve riguardare l’obbligazione nella sua interezza e DEFINITIVA. L’art. 1256 comma 2 c.c. prevede, infatti, che se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore non è automaticamente liberato, ma è semplicemente considerato non responsabile del ritardo nell’adempimento, finchè l’impossibilità perdura. Ai sensi del comma 3, l’obbligazione si estingue qualora, avuto riguardo al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può essere ritenuto obbligato ad eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla. Il concetto di causa non imputabile determina il rapporto di riconducibilità dell’evento al suo autore, per valutarne la responsabilità in termini di adempimento. I concetti di caso fortuito e forza maggiore costituiscono cause di esonero da responsabilità, determinando la non imputabilità dell’inadempimento. Il caso fortuito e la forza maggiore possono essere: Eventi naturali;Factum principis, atto della pubblica autorità, che impedisce al debitore di eseguire la prestazione dovutaIl fatto del creditore, che può rendere difficoltoso l’adempimento del debitoreIl fatto illecito del terzo, che si configura quando un terzo tiene un comportamento colposo o doloso (che influisce sull’adempimento del debitore). In modo particolare in occasione delle misure di contenimento viene in conto il factum principis. 3. IL FACTUM PRINCIPIS E LE MISURE DI CONTENIMENTO Ipotesi particolare di impossibilità della prestazione derivante dal fatto di un terzo è quella della impossibilità, derivante da provvedimento dell’autorità (factum principis). L’evento in questione non deve però essere prodotto dal debitore stesso, anche in caso di provvedimento dell’autorità amministrativa: ad esempio, il debitore deve sperimentare ed esaurire tutte le possibilità che gli si offrono per vincere e rimuovere la resistenza e il rifiuto della P.A 4. IL RISPETTO DELLE MISURE DI CONTENIMENTO Tra gli impedimenti all’adempimento, derivanti da atto dell’autorità, si inserisce a pieno titolo il precetto del nuovo comma 6-bis dell’art. 3 d.l. 23 febbraio 2020, n. 6. Viene introdotto di fatto una specifico factum principis costituito dalle misure di contenimento: disposizioni di carattere sanitario, corredate da sanzione amministrativa e penale sub specie di norma penale in bianco. Ai fini della norma rilevano, pertanto, solo le misure adottate ai sensi di detto decreto e, quindi, solo quelle che presentino le seguenti caratteristiche: deve trattarsi di misure di contenimento, vale a dire di misure che in qualche modo limitano le possibilità di movimento o di azione delle persone che ne sono destinatarie (introducendo con gradazioni differenziate il c.d. distanziamento sociale);devono avere quale scopo quello di evitare il diffondersi del COVID-19 nei comuni o alle aree in cui risulta positiva almeno una persona, per la quale non si conosce la fonte di trasmissione, o comunque nei quali vi è un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un’area già interessata dal contagio del menzionato virus (art. 1, comma 1), oppure devono avere quale scopo quello di prevenire la diffusione dell’epidemia da COVID-19 anche fuori dai casi sopra indicati (art. 2);devono essere adottate dalle autorità competenti, vale a dire, salvo casi particolari, dal Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della salute, sentito il Ministro dell’interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell’economia e delle finanze e gli altri Ministri competenti per materia, nonché i Presidenti delle regioni competenti, nel caso in cui riguardino esclusivamente una sola regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni, nel caso in cui riguardino il territorio nazionale (art. 3, comma 1). Si tratta comunque di precetti, come visto rientrano nelle c.d. norme penali in bianco, così come secondo tradizionale dottrina viene inquadrato l’art. 650 c.p. espressamente richiamato dall’art. 3, comma 4, d.l. 23 febbraio 2020, n. 6, ai sensi del quale, “Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è punito ai sensi dell’art. 650 del codice penale”. La norma penale richiamata sanziona l’inosservanza dei provvedimenti dell’autorità prevedendo che “Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a duecentosei euro”. La possibile applicazione della sanzione penale determina, altresì, una cogenza ulteriore per le misure in commento, con conseguente possibilità di condizionamento del contegno del debitore ad esse sottoposto. La dottrina che si è occupata dell’argomento fornisce delle possibili interpretazioni, per valutare in che modo le misure di contenimento possano integrare il factum principis, con effetto liberatorio per il debitore, L’adozione delle misure di contenimento comporta che qualora costituiscano un ostacolo all’adempimento, si debba valutare che l’ inadempimento sia conseguenza immediata e diretta di una impossibilità legata al rispetto della misura di contenimento. Non siamo al cospetto di una presunzione semplice o iuris et de iure, ai sensi e per gli effetti del nuovo comma 6-bis dell’art. 3 d.l. 23 febbraio 2020, n. 6, (dal momento che non viene modificato per effetto del disposto il regime dell’onus probandi e pertanto deve essere successivamente valutata l’incidenza della misura medesima sull’inadempimento). La misura di contenimento intesa come impedimento all’adempimento incide pertanto, secondo questa ricostruzione sull’imputabilità, determinando pertanto l’esonero da responsabilità. E’ però possibile un’altra lettura della norma, che valorizzi il compito del giudice chiamato a decidere in una controversia, in cui si assuma l’inadempimento di una parte per il rispetto della misura di contenimento. Possono allora registrarsi due ipotesi interpretative: a) si impone al giudice, chiamato a decidere una controversia relativa all’inadempimento, di verificare d’ufficio, se il debitore è assoggettato a misure di contenimento, che possano aver determinato l’impossibilità della prestazione, con conseguente attivazione d’ufficio del giudice nella verifica fattuale della fattispecie e conseguente alleggerimento probatorio per il debitore. b) si prevede l’obbligo in capo al giudice di prendere in considerazione la misura di contenimento, che deve essere indicata in motivazione e pertanto “emergere” in sentenza. L’onere della deduzione resterebbe sempre in capo al debitore, ma il giudice sarebbe obbligato a valutare la circostanza addotta delle misura di contenimento. Secondo altra dottrinala norma non tacita l’art. 1218 del codice civile, ma impone al giudice, che sia chiamato a decidere su un inadempimento di “valutare l’esclusione della responsabilità” del debitore nel (solo) caso in cui l’inadempimento sia stato provocato dal “rispetto delle misure di contenimento”. In sostanza, ad esempio, chi si sia reso inadempiente per essere stato messo in quarantena a seguito di contatti con una persona sintomatica potrà chiedere di vedersi parificata la sua situazione a quella della impossibilità sopravvenuta incolpevole” 5.LA CONCLUSIONE DEL CONTRATTO DI VENDITA IMMOBILIARE Bisogna altresì valutare l’impatto di dette misure di contenimento in ordina alla possibilità di osservare i tempi di adempimento di un preliminare Per concludere la ricognizione effettuata circa l’incidenza delle misure di contenimento, in ordine alla responsabilità per inadempimento del debitore, si deve tener conto di altri due coeffiecnti: I- la mera difficoltà di adempimento non è sufficiente ad escludere la responsabilità del debitore, II- si può inferire anche che ricorra, nella fattispecie de qua, la figura della inesigibilità della prestazione da parte del creditore secondo buona fede.. Si può valutare come ha fatto la dottrina l’incidenza delle misure di contenimento ex all’art. 1, comma 2, d.l. 23 febbraio 2020, n. 6, in relazione all’obbligo di concludere il contratto definitivo di vendita in forma autentica. Atteso che le parti potrebbero utilizzare come espediente: a) concordare una proroga del termine di adempimento, per iscritto ad probationem; b) potrebbero anche concludere il contratto di vendita per scrittura privata non autenticata, salvo poi ripetere tale contratto in forma autentica, al solo fine della sua trascrizione, una volta venute meno le misure di contenimento sul presupposto che l’art. 1350 c.c., prevede la forma scritta ad substantiam ma non testualmente la forma autentica.. Questo problema si pone, soltanto ove non siano in vigore norme speciali, quale, ad esempio, l’art. 10, comma 4, d.l. 9/2020, che prevedano la sospensione dei termini per gli adempimenti contrattuali per un certo periodo di tempo ed in certe aree geografiche. Per effetto della sospensione dei termini disposta dall’art. 10 del D.L 2.3.2020, n. 9 si verifica una situazione che riveste un impatto sia dal punto di vista processuale che sostanziale: a)in chiave processuale è prevista la sospensione delle udienze e dei termini processuali in materia civile, penale e amministrativa. b) in chiave sostanziale è altresì disposta la sospensione “dei termini perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, comportanti prescrizioni e decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, nonché dei termini per gli adempimenti contrattuali” (comma 4), oltre ai “termini di scadenza … relativi a vaglia cambiari, a cambiali e ad ogni altro titolo di credito o atto avente forza esecutiva” (comma 5). Da un punto di vista temporale la generalizzata sospensione dei termini civilistici copre il periodo che va dal 22.2.2020 al 31.3.2020 dispiegando un’efficacia retroattiva posto che il DL 9/2020 è entrato in vigore il 2.3.2020. Una criticità si avverte per il fatto che non è stata disposta per l’intero territorio nazionale, ma con esclusivo riferimento ai soggetti che al 2.3.2020 “sono residenti, hanno sede operativa o esercitano la propria attività lavorativa, produttiva o funzione nei comuni di cui all’allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 2020”, cioè nella prima “zona rossa”. In ordine alla rilevanza nazionale di detta sospensione propende la dottrina in commento, in quanto “partendo da un punto di vista più ancorato al dato di realtà sostanziale “c’è da rilevare che il legislatore nazionale, con un decreto legge ha ritenuto di dettare la sospensione dei termini civilistici per un dato territorio, a causa della sua situazione di emergenza; e che estendendosi progressivamente quel territorio, il legislatore non ha ritenuto di provvedere nuovamente, considerando ovvia l’estensione dell’ambito territoriale (per l’allargamento della zona di emergenza) in cui si rende vigente la sospensione dei termini civilistici”. La medesima dottrina pone a suffragio di questa ricostruzione lo studio del Consiglio Nazionale del notariato pubblicato il 27 marzo, in tema di protesti cambiari. I CONTRATTI DI LOCAZIONE IN CORSO. NO AUTORIDUZIONE. MA RECESSO PER GRAVI MOTIVI. IL CREDITO DI IMPOSTA C/1. Il periodo emergenziale che si sta vivendo solleva dei quesiti relativi ai contratti di locazione in corso, dal momento che le misure di contenimento dispongono nella maggior pare dei casi la chiusura delle attività in oggetto. Ci si chiede se il conduttore possa legittimamente interrompere il pagamento dei canoni fintanto che permane l’emergenza. Alcuni Autori si richiamano agli artt. 1463 e 1464 c.c. o all’eccessiva onerosità sopravvenuta ai sensi dell’art. 1467 c.c. Tali soluzioni non paiono poter essere invocate, in quanto la chiusura temporanea dei locali non rende impossibile la prestazione principale del conduttore consistente nel pagamento del canone di locazione e delle spese accessorie. Salvo il caso dell’ impossibilità sopravvenuta parziale, tutti i rimedi sopra citati conducono alla risoluzione del contratto mentre invece i conduttori vogliono solo interrompere il pagamento durante l’emergenza. Si nota, altresì,che “nel Decreto c.d. Cura Italia , con riferimento agli immobili di categoria C/1, il riconoscimento di un credito di imposta in favore dei conduttori pari al 60% del canone di locazione relativo al mese di marzo 2020, per l’immobile destinato allo svolgimento della loro attività” confermerebbe che i conduttori sono tenuti a pagare il canone anche nel periodo di emergenza. La parte avrebbe la possibilità di recedere per gravi motivi, con un preavviso di sei mesi, durante i quali il conduttore deve comunque pagare il canone. In caso di risoluzione consensuale del rapporto, per prevenire eventuali contenziosi circa l’indennità per la perdita di avviamento commerciale, sarebbe opportuno che si precisasse che la richiesta è stata avanzata dal conduttore e che il locatore si è limitato ad aderirvi. CARINGELLA-DE GIOIA,Compendio di diritto civile, 2018.p.392ss propone questa articolazione casistica, dopo aver diffusamente analizzato ed esaminato l’iter motivazionale del leading case, in materia, rappresentato da Cass, Sez, Un, 13533/2001. Vedi più diffusamente CARINGELLA-DE GIOIA,Compendio di diritto civile, 2018. CARINGELLA-DE GIOIA,Compendio di diritto civile, 2018, cit. La dottrina tradizionalmente considera factum principis il provvedimento legislativo o amministrativo, che impedisce il compimento della prestazione, con la conseguenza che il predetto factum principis è considerato evento liberatorio, anche quando l’obbligazione abbia ad oggetto una prestazione di genere. .Secondo la giurisprudenza si è ritenuto imputabile al somministrante (nella specie un’impresa chimica) il provvedimento di chiusura della fabbrica per inosservanza degli obblighi di adottare misure antinquinamento (si apprezzano però anche posizioni contrarie Cass. 23783/2013; è stato deciso che se una legge impedisce il compimento della prestazione, il debitore non è responsabile; tuttavia, se il relativo disegno di legge è stato già presentato alle Camere al momento della stipulazione del contratto, il giudice è tenuto ad accertare che l’evento non fosse prevedibile. IN MODO PARTICOLARE: la prassi attesta che gli ordini o i divieti emanati dalle autorità sono suscettibili di determinare l’impossibilità della prestazione qualora:gli stessi siano del tutto estranei alla volontà dell’obbligato (Cass. n. 21973/2007);non siano ragionevolmente prevedibili, secondo la comune diligenza, all’atto dell’assunzione dell’obbligazione (Cass. n. 2059/2000);il debitore abbia sperimentato tutte le ragionevoli possibilità per adempiere regolarmente (Cass., n. 14915/2018; Cass. n. 11914/2016). Si veda in proposito anche in FEDERNOTIZIE, del 20 marzo 2020, Michele LAFFRANCHI,L’inadempimento ai tempi del coronavirus e il termine per la conclusione del contratto definitivo di compravendita, che testualmente recita:”Anche in questo caso particolare, quindi, il provvedimento dell’autorità non è considerato, di per sé, sufficiente motivo di esenzione da responsabilità per il debitore, il quale deve sempre dimostrare che tale provvedimento, da una parte, era imprevedibile al momento dell’assunzione della obbligazione e, dall’altra, era tale da costituire un impedimento non legittimamente superabile utilizzando l’ordinaria diligenza.” Le misure di contenimento sono state pubblicate in G.U. il D.L. 25 marzo 2020, n. 19 recante “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19”, con vigenza dal 26 marzo 2020. Il premier Conte, in una conferenza stampa in diretta Facebook, dopo la chiusura del Consiglio dei Ministri del 24 marzo 2020, aveva illustrato le misure contenute nell’ulteriore decreto legge, approvato nello stesso pomeriggio, al fine di fronteggiare l’emergenza pandemica da Covid-19. Il 31 luglio rappresenta la data finale dell’emergenza, dichiarata a gennaio: di conseguenza tale data, non si riferisce alle singole misure, rispetto alle quali si deciderà di mese in mese, sulla base dei dati del contagio. A) L’APPLICAZIONE SPAZIO-TEMPORALE DELLE MISURE Il testo prevede che, per contenere e ostacolare i rischi sanitari e il diffondersi del contagio, possono essere adottate, su specifiche parti del territorio nazionale ovvero sulla totalità di esso, per periodi predeterminati di durata massima di 30 giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al termine dello stato di emergenza (fissato al 31 luglio 2020, dalla delibera assunta dal Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020), una o più tra le misure previste dal decreto medesimo. L’applicazione delle misure potrà essere modulata in aumento ovvero in diminuzione, in relazione all’evoluzione epidemiologica del virus in questione, ed in conformità ai criteri di adeguatezza specifica e ai principi di proporzionalità al rischio effettivamente presente. B) LA TIPOLOGIA DELLE MISURE Il decreto legge elenca numerose restrizioni e regole, fondendo quelle già adottate coi diversi provvedimenti emergenziali: 1)la limitazione della circolazione delle persone, il divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione per i soggetti in quarantena perché contagiati e la quarantena precauzionale per le persone che hanno avuto contatti stretti con soggetti contagiati; 2)limitazioni o divieto di allontanamento e di ingresso in territori comunali, provinciali o regionali, nonché rispetto al territorio nazionale; 3)la sospensione dell’attività, la limitazione dell’ingresso o la chiusura di strutture e spazi aperti al pubblico quali luoghi destinati al culto, musei, cinema, teatri, palestre, centri sportivi, piscine, centri natatori, impianti sportivi, sale da ballo, discoteche, sale giochi, sale scommesse e sale bingo, centri culturali, centri sociali, centri ricreativi, parchi, aree gioco, strade urbane; 4)la limitazione, la sospensione o il divieto di svolgere attività ludiche, ricreative, sportive e motorie all’aperto o in luoghi aperti al pubblico, riunioni, assembramenti, congressi, manifestazioni, iniziative o eventi di qualsiasi natura; 5)la sospensione delle cerimonie civili e religiose e la limitazione o la sospensione di eventi e competizioni sportive, anche se privati, nonché di disciplinare le modalità di svolgimento degli allenamenti sportivi all’interno degli stessi luoghi; 6)la possibilità di disporre o di affidare alle competenti autorità statali e regionali la riduzione, la sospensione o la soppressione dei servizi di trasporto di persone e di merci o del trasporto pubblico locale; 7)la sospensione o la chiusura dei servizi educativi per l’infanzia, delle scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni di formazione superiore; 8)la limitazione o la sospensione delle attività delle amministrazioni pubbliche, fatta salva l’erogazione dei servizi essenziali e di pubblica utilità; 9)la limitazione, la sospensione o la chiusura delle attività di somministrazione o consumo sul posto di bevande e alimenti, delle fiere, dei mercati e delle attività di e di quelle di vendita al dettaglio, garantendo in ogni caso un’adeguata reperibilità dei generi alimentari e di prima necessità da espletare con modalità idonee ad evitare assembramenti di persone; 10)la limitazione o la sospensione di ogni altra attività d’impresa o di attività professionali e di lavoro autonomo; 11)la possibilità di applicare la modalità di lavoro agile a ogni rapporto di lavoro subordinato anche in deroga alla disciplina vigente; l’obbligo che le attività consentite si svolgano previa assunzione di misure idonee a evitare assembramenti di persone, di garantire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale e, per i servizi di pubblica necessità, laddove non sia possibile rispettare tale distanza interpersonale, previsione di protocolli di sicurezza anti-contagio, con adozione di strumenti di protezione individuale. C) I CONFINI NAZIONALI Una delle modifiche previste dal testo ufficiale pubblicato in Gazzetta prevede “limitazioni o divieto di allontanamento e di ingresso nei territori comunali, provinciali o regionali, nonché rispetto al territorio nazionale”. Quindi, rispetto alla versione circolata dopo il Consiglio dei ministri del 24 marzo, è comparsa l’accezione delle limitazioni. In altre parole non solamente il divieto, bensì la misura si estende anche ai confini nazionali. D) L’APPLICAZIONE DELLE MISURE Le misure in questione possono essere introdotte attraverso uno o più DPCM, su proposta del Ministro della salute o dei presidenti delle regioni interessate, ove riguardino una o alcune specifiche regioni, ovvero dal Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, qualora riguardino tutto il territorio nazionale. Viene altresì previsto che, nelle more dell’adozione dei DPCM, il Ministro della salute possa introdurre le misure di contenimento mediante proprie ordinanze. Inoltre, per specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario, i Presidenti delle regioni possono emanare ordinanze contenenti ulteriori restrizioni, ma solamente negli ambiti di propria competenza. E) L’ULTRATTIVITA’ DELLE ORDINANZE ANCORA VIGENTI Le ordinanze ancora vigenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, continuano ad applicarsi nel limite di ulteriori 10 giorni. F) I RAPPORTI CON IL PARLAMENTO Il Presidente del Consiglio o un Ministro da lui delegato riferisce ogni 15 giorni alle Camere sulle misure adottate. G) IL MECCANISMO DELLE SANZIONI Il testo del d.l. contempla tre differenti tipologie di violazioni e sanzioni. Quanto alle prime due, di natura amministrativa, in ipotesi di reiterata violazione della medesima disposizione, la sanzione amministrativa viene raddoppiata, e quella accessoria è applicata nella misura massima: LA SANZIONE AMMINISTRATIVA salvo che il fatto costituisca reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento viene punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 400 a 3.000 euro e non si applicano le sanzioni contravvenzionali previste dall’articolo 650 del codice penale o da ogni altra disposizione di legge attributiva di poteri per ragioni di sanità. Se il mancato rispetto delle predette misure avviene mediante l’utilizzo di un veicolo le sanzioni sono aumentate fino a un terzo; ·nelle ipotesi di mancato rispetto delle misure previste per pubblici esercizi o attività produttive o commerciali, si applica altresì la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni. LA SANZIONE PENALE Il riferimento all’ambito penale, contenuto nel decreto legge: è identificato nella violazione intenzionale del divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora, per le persone sottoposte a quarantena in quanto risultate positive al virus. Orbene la pena è contemplata all’articolo 452 (Delitti colposi contro la salute pubblica), I comma, n. 2, del codice penale, ovvero la reclusione da 1 a 5 anni. Sconto del 30% se si paga entro 30 giorniSi applicano i commi 1, 2 e 2.1 dell’articolo 202 del C.d.S. in materia di pagamento in misura ridotta, quindi la somma è ridotta del 30% se il pagamento è effettuato entro 30 giorni (fino al 31 maggio) dalla contestazione o dalla notificazione. L’articolo 108, comma II, del d.l. 18/2020 ha infatti innalzato da 5 a 30 giorni, ma solo fino al 31 maggio, il lasso temporale entro il quale il trasgressore può pagare la sanzione beneficiando dello sconto (la somma di cui all’art. 202, comma II, del C.d.S., dal 17 marzo, data di entrata in vigore del d.l. n. 18, e fino al 31 maggio 2020, è ridotta del 30% se il pagamento è effettuato entro 30 giorni dalla contestazione o notificazione della violazione). Conversione delle sanzioni penali in amministrative:E’ stato inoltre precisato che le disposizioni del d.l. che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore dello stesso decreto (26 marzo), ma in tali casi le sanzioni amministrative sono applicate nella misura minima ridotta alla metà. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni degli articoli 101 e 102 del D.Lgs. n. 507/1999. E) IRROGAZIONE DELLE SANZIONI Le sanzioni per le violazioni dei divieti elencati dal d.l. sono irrogate dal Prefetto, mentre le sanzioni per le violazioni delle misure di carattere regionale e infraregionale sono irrogate dalle stesse autorità che le hanno disposte. Così FEDERNOTIZIE, del 20 marzo 2020, Michele LAFFRANCHI, L’inadempimento ai tempi del coronavirus e il termine per la conclusione del contratto definitivo di compravendita, Così FEDERNOTIZIE, del 20 marzo 2020, Michele LAFFRANCHI, L’inadempimento ai tempi del coronavirus e il termine per la conclusione del contratto definitivo di compravendita, Così FEDERNOTIZIE, del 20 marzo 2020, Michele LAFFRANCHI, L’inadempimento ai tempi del coronavirus e il termine per la conclusione del contratto definitivo di compravendita, . La nuova norma, infatti, non afferma che il rispetto della misura di contenimento costituisce, di per sé e in ogni caso, causa legittimante ogni tipo di inadempimento del debitore che ne sia coinvolto. In altre parole, perché il debitore inadempiente possa essere ritenuto esente da responsabilità, occorre accertare che il rispetto della misura di contenimento abbia effettivamente determinato una situazione di impossibilità della prestazione. La misura di contenimento secondo questa ricostruzione, altro non è che un impedimento all’adempimento: la misura di contenimento potrà essere ritenuta legittima causa di esenzione da responsabilità nel solo caso in cui venga accertato che essa ha costituito per il debitore un impedimento all’adempimento, non superabile con la ordinaria diligenza. Così FEDERNOTIZIE, del 20 marzo 2020, Michele LAFFRANCHI, L’inadempimento ai tempi del coronavirus e il termine per la conclusione del contratto definitivo di compravendita, Secondo LAFFRANCHI, cit..”Una volta accertata tale circostanza non occorrerà, invece, dimostrare che la causa della impossibilità non derivi da fatto imputabile, in quanto l’adozione da parte della competente autorità della misura di contenimento sarà, per definizione, non imputabile al debitore (ciò evidentemente anche nel caso limite in cui il debitore sia proprio la persona contagiata che ha indotto l’autorità competente ad assumere la misura di contenimento)”. LAFFRANCHI, cit..” BUSANI, LUCCHINI GUASTALLA, Il giudice valuta gli inadempimenti dovuti alla misure di emergenza,in Decreto coronavirus, Imprese giustizia , p.11 Sole 24ore 1 Aprile 2020. Così FEDERNOTIZIE, del 20 marzo 2020, Michele LAFFRANCHI, L’inadempimento ai tempi del coronavirus e il termine per la conclusione del contratto definitivo di compravendita Con il concetto di inesigibilità si fa riferimento in funzione di correttivo della nozione dell’impossibilità: si esclude che il creditore, in base alla regola della correttezza e della buona fede oggettiva, possa pretendere dal debitore un impegno oltre modo gravoso, in presenza di circostanze che rendono difficoltosa, in misura eccezionale o smisurata, l’esecuzione della prestazione. In particolare secondo l’A. in commento ( FEDERNOTIZIE, del 20 marzo 2020, Michele LAFFRANCHI, L’inadempimento ai tempi del coronavirus e il termine per la conclusione del contratto definitivo di compravendita,cit.), testualmente:”Si ha inesigibilità tutte le volte in cui la pretesa di adempimento avanzata dal creditore appare “abusiva”, cioè contraria al canone della buona fede cui dev’essere improntata l’esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.), in relazione a fatti sopravvenuti rispetto alla conclusione dello stesso. Possono rilevare, in questo senso, impedimenti fisici, costi di adempimento eccessivi (pur non costituenti eccessiva onerosità sopravvenuta), difficoltà materiali o morali, ecc., da valutarsi in base al principio di solidarietà di cui all’art. 2 Cost. Circostanze, queste, che secondo un’autorevole dottrina (Mengoni), possono anche portare ad un ampliamento della rilevanza della forza maggiore o dell’impossibilità o dell’eccessiva onerosità. Occorre quindi valutare, in aggiunta a quanto sopra rilevato in ordine all’impossibilità della prestazione, il fatto che l’attuale emergenza sanitaria ben può dar luogo a situazioni che, per quanto non rendano assolutamente impossibile l’adempimento di un’obbligazione (ad es. quella di concludere il contratto definitivo di vendita in forma notarile), possono far apparire una pretesa di adempimento contraria al principio di solidarietà di cui all’art. 2 Cost. e – in definitiva – contrario alla regola della buona fede oggettiva.” FEDERNOTIZIE, del 20 marzo 2020, Michele LAFFRANCHI, L’inadempimento ai tempi del coronavirus e il termine per la conclusione del contratto definitivo di compravendita, cit Secondo FEDERNOTIZIE, del 20 marzo 2020, Michele LAFFRANCHI, L’inadempimento ai tempi del coronavirus e il termine per la conclusione del contratto definitivo di compravendita, cit viene analizzata nel dettaglio la seguente casistica tipologica, qui per comodità, così riassunta: a) Divieto di allontanamento dal comune o dall’area interessata da parte di tutti gli individui comunque presenti nel comune o nell’area. Il caso potrebbe essere quello in cui uno dei contraenti si trova all’interno del comune o dell’area interessata dal divieto e l’altro contraente si trova al di fuori di tale area e non sia nelle condizioni di recarvisi. Trattandosi di impedimento non assoluto l’A .suggerisce tra gli altri espedienti l’impiego di una procura notarile. L’A. testualmente ricorda che è stato ritenuto sussistente, nell’ambito dei territori interessati da ogni provvedimento attuativo dell’art. 3 d.l. 23 febbraio 2020, n. 6, e fino al termine di efficacia individuato dai medesimi provvedimenti, il carattere di eccezionalità che giustifica, ai sensi dell’art. 28 del vigente codice deontologico, il coinvolgimento di collaboratori e dipendenti del notaio quali procuratori in atti dal medesimo ricevuto, anche qualora tale coinvolgimento assuma carattere ricorrente (delibera del Consiglio Notarile di Milano del 10 marzo 2020 e indicazioni del Consiglio Nazionale del Notariato del 10 marzo 2020). Il pagamento del prezzo in questi casi potrebbe essere agevolato dall’utilizzo del meccanismo del deposito prezzo sul conto corrente dedicato del notaio, il quale si farà, pertanto, garante della transazione monetaria. b) Divieto di accesso al comune o all’area interessata. La parte che si trova all’esterno dell’area interessata potrà perfezionare una procura notarile alla vendita o all’acquisto tramite notaio che abbia sede fuori dall’area dalla quale non ci si può allontanare. c) Sospensione di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico.. Si potrà evitare la contestuale presenza di tutte le parti presso il notaio sia mediante l’utilizzo di procure, sia mediante la formalizzazione del contratto definitivo di vendita mediante scrittura privata con firme autenticate in momenti differenti. Anche in questo caso il pagamento del prezzo potrebbe essere agevolato utilizzando il meccanismo del deposito prezzo. d) Sospensione dei servizi educativi dell’infanzia e delle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche e di formazione superiore, compresa quella universitaria, salvo le attività formative svolte a distanza. Si tratterebbe di difficoltà organizzativa non dirimente. . e) Applicazione della misura della quarantena con sorveglianza attiva agli individui che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva. Se la misura impedisce la contestuale presenza del sottoposto a quarantena e del notaio allora è patente l’esonero della responsabilità f) Chiusura di tutte le attività commerciali, esclusi gli esercizi commerciali per l’acquisto dei beni di prima necessità. In caso di chiusura della filiale della banca, che deve concedere il mutuo all’acquirente, la struttura potrebbe, mettere a disposizione i locali di altra filiale situata in area non contaminata, o” potrebbe optare per la conclusione del contratto di mutuo mediante proposta e separato atto notarile unilaterale di accettazione e concessione di ipoteca, così come potrebbe incaricare un proprio funzionario di recarsi presso lo studio del notaio” così testualmente l’A.. g) Chiusura o limitazione dell’attività degli uffici pubblici, degli esercenti attività di pubblica utilità e servizi pubblici essenziali di cui agli artt. 1 e 2 l. 12 giugno 1990, n. 146, specificamente individuati. “In questo ambito potrebbe ipotizzarsi un obbligo di chiusura degli studi notarili e di sospensione dell’attività notarile. Occorre allora verificare se le parti siano nelle condizioni di rivolgersi ad altro notaio che possa operare al di fuori dell’area interessata dalla misura di contenimento. Se così non fosse, non sarà possibile per le parti concludere il contrato definitivo di vendita e, pertanto, nessuna delle parti potrà essere ritenuta inadempiente”. h) Previsione che l’accesso ai servizi pubblici sia condizionato all’utilizzo di dispositivi di protezione individuale o all’adozione di particolari misure di cautela individuate dall’autorità competente. Potrebbe essere emessa una misura di contenimento che vieti l’accesso agli studi notarili in assenza di dispositivi di protezione individuale o dell’adozione di particolari misure di cautela. In questo caso le parti, così come il notaio, dovranno adeguarsi alle misure di cautela individuate dall’autorità competente. Si pensi, ad esempio, ad una misura che imponga di indossare mascherine e guanti protettivi. Il problema potrebbe sorgere nel caso in cui tali dispositivi di protezione individuale non siano reperibili sul mercato. In questo caso pare del tutto legittimo il rifiuto delle parti di recarsi presso lo studio notarile. Si può pensare al caso di un ufficio di dimensioni ridotte, nel quale non sia possibile attuare il distanziamento sociale previsto dalle misure di contenimento. Si tratta però di ostacolo superabile con l’impiego di procure. . i) Limitazione all’accesso o sospensione dei servizi del trasporto di merci e di persone terrestre, aereo, ferroviario, marittimo e nelle acque interne, su rete nazionale, nonché di trasporto pubblico locale, anche non di linea. Le limitazioni di cui al presente punto assumeranno evidentemente rilevanza nel solo caso in cui almeno una delle parti abbia la necessità di utilizzare i servizi di trasporto per raggiungere il luogo fissato per la conclusione del contratto definitivo di vendita. Si tratta però ancora di difficoltà di adempimento opportunamente superabile con l’impiego della procura. FEDERNOTIZIE, del 20 marzo 2020, Michele LAFFRANCHI, L’inadempimento ai tempi del coronavirus e il termine per la conclusione del contratto definitivo di compravendita, cit; La sospensione dei termini di prescrizione, decadenza e adempimento: incertezze applicative e possibili interpretazioni in FEDERNOTIZIE scritto da Matteo MATTIONI IL 25 marzo 2020; Legislazione d’emergenza e processi esecutivi e fallimentari di Cosimo D’ARRIGO, Giorgio COSTANTINO, Giovanni FANTICINI e Salvatore SAIJA in reperibile sul sito il Caso ,it; il sole 24 ore BUSANI LUCCHINI GUASTALLA, Termini civilistici, sospensione in tutta Italia, p.11 in Decreto Coronavirus in Sole 24 ore 1 aprile 2020. BUSANI, LUCCHINI GUASTALLA, Il giudice valuta gli inadempimenti dovuti alla misure di emergenza,in Decreto coronavirus, Imprese giustizia , p.11 Sole 24ore 1 Aprile 2020. Antonio NUCERA, Affitti di negozi, impossibile autoriduzione del canone, in il Sole 24 ore del 30 marzo. Idem nt.16.... Leggi di più...TRUSTS E VINCOLI DI DESTINAZIONE: LA LIBERA CIRCOLAZIONE DEI BENI DESTINATI. (Terza parte).Formaius18 Dicembre 2019Alessio ParadisoIPOTECA ISCRITTA IN DATA SUCCESSIVA ALLA TRASCRIZIONE DEL VINCOLO DI DESTINAZIONE. Situazione patologica derivante dalla iscrizione postuma: effetti, rimedi e alienazione del bene. Sin dagli albori della sua entrata in vigore, il vincolo di destinazione, disciplinato (si fa per dire) dall’art.2.645 ter c.c., è stato guardato, nella migliore delle ipotesi, con sospetto e diffidenza e, nella peggiore, come un qualcosa non ben definito che non avrebbe mai avuto applicazione. Era l’anno 2006, gli inizi del percorso del vincolo di destinazione nella pratica. Ricordo ancora un Convegno a Venezia, dove ci si affannava per negarne la cittadinanza nel nostro ordinamento: “norma vuota”, “mezzo trust”, “norma inapplicabile” erano temi ricorrenti sin da allora. L’argomento più forte per negare valore all’istituto del Vincolo di destinazione era il necessario ricorso all’art.1.322 c.c., argomento sul quale non mi soffermo perché si è già scritto troppo. Sta di fatto che i detrattori sostengono che è necessaria la presenza di una causa meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico. Quando è meritevole? E soprattutto quanto deve essere meritevole questa causa? Forse mai secondo i detrattori, perché il vincolo di destinazione si pone in aperto contrasto con l’art.2.740 c.c. Superate le prime perplessità, e di fronte al dato normativo certo, si è arrivati a riconoscere cittadinanza al vincolo di destinazione, a patto appunto che vi sia un interesse meritevole di tutela. In cosa è stato individuato questo interesse? Secondo la dottrina più rigorosa, dovrebbe essere un “super” interesse qualificato che è superiore a ogni altro, quindi difficilmente ravvisabile. In sostanza dovrebbe essere un interesse che prevale su tutti gli altri, quindi pubblicistico o parapubblicistico. E chi ha il compito di verificarne l’esistenza nel caso concreto di tale interesse? Indovinate un po’? Si, il tanto bistrattato notaio, ormai considerato inutile, ridotto il più delle volte a inutile certificatore e surrogabile da chiunque. In questo caso, unico soggetto deputato a decidere (e quindi responsabile) se l’interesse sia meritevole di tutela è il notaio. E si badi bene, se l’interesse a fondamento del quale viene costituito il vincolo di destinazione non è meritevole di tutela, il vincolo di destinazione è nullo! Con le solite conseguenze a carico del notaio. Ma andiamo avanti. Nonostante tutte le intemperie, il vincolo di destinazione si è fatto strada nella pratica, guadagnando successi e consensi insperati. Altre disgrazie però lo attendevano. Infatti molti studiosi sostenevano la inalienabilità del bene vincolato. Ma perché? Se è stato vincolato un bene per tutelare un dato interessi e se nel caso concreto è necessario monetizzare per realizzare l’interesse tutelato, come si fa a raggiungere l’obiettivo se non si può vendere il bene vincolato? Altra dottrina, un po’ meno rigida, ammette la vendita, ma il vincolo permane: La trasmigrazione del vincolo in capo al nuovo acquirente. A seguire questa tesi, il bene sarebbe stato imprigionato per sempre per la destinazione “originaria”, anche se ormai esaurita. Con tanta fatica è stata superata anche questa criticità. Le modalità di esecuzione sono in realtà due. Per alcuni è necessario risolvere il vincolo, prima di procedere alla vendita; in questo caso il rischio è quello che eventuali trascrizioni, successive alla trascrizione del vincolo, riprendano vigore. Per la dottrina più liberale, in caso di trasferimento del bene vincolato, nulla si deve fare se non un normale atto di compravendita. Tra le varie questioni problematiche afferenti il vincolo di destinazione ne restava un’altra. Al pari delle precedenti che ho segnalato, costituiva una forte remora alla stipula di atti aventi ad oggetto il vincolo di destinazione. La questione è la seguente: qual è la sorte di una ipoteca iscritta a seguito della trascrizione di un vincolo di destinazione? 1) l’iscrizione è nulla, 2) l’iscrizione è inopponibile, 3) l’iscrizione è opponibile. Sembra naturale sostenere che l’iscrizione dell’ipoteca successiva alla trascrizione del vincolo è sicuramente inopponibile perché successiva. Si, però la risposta non è completa. Infatti l’iscrizione dell’ipoteca è inefficace verso il bene vincolato ed inopponibile agli acquirenti del bene vincolato, a condizione che il credito a cautela del quale viene iscritta l’ipoteca non sia pertinente alla “destinazione”. Quindi se creditore è il decoratore dell’immobile vincolato, oppure un soggetto che ha eseguito una prestazione in favore dei Beneficiari del vincolo di destinazione nell’ambito dell’interesse indicato nell’atto di destinazione, allora l’ipoteca sarà perfettamente valida. Se invece un creditore del soggetto intestatario del bene vincolato, iscrive ipoteca per vicende che nulla hanno a che vedere con l’immobile oppure con le finalità del vincolo, ecco che l’ipoteca non sarà efficace e quindi non opponibile agli acquirenti del bene. E’ questa la conclusione a cui è pervenuta la Cassazione, sezione 3^ Civile, con l’Ordinanza n.1.260, pubblicata il 18.01.2019 (di seguito anche soltanto Ordinanza). Nel caso di specie l’ipoteca va pertanto cancellata. La Suprema Corte si è dovuta pronunciare sul conflitto tra vincolo di destinazione e ipoteca, per concludere in favore della opponibilità del primo rispetto alla seconda. Nella fattispecie sottoposta al Supremo Collegio, un immobile era stato vincolato da una società al fine di soddisfare equamente tutti i creditori alla data in cui è stato costituto il vincolo, e precisamente a favore di tutti i creditori del “concordato”. La Cassazione riconosce che non vi è lesione della “par condicio creditorum” ove afferma che: “il vincolo di destinazione è stato costituito a favore di tutti i creditori del concordato, non è possibile ipotizzare la lesione della par condicio nei confronti di alcuno dei creditori. I creditori del concordato sono tutti i creditori della società, compresi quelli prededucibili e non è dato ipotizzare, ai sensi dell’art. 167 I. fall.,che, una volta proposto il concordato di una società, possano sorgere nuovi crediti verso l’ente assoggettato alla procedura che non siano “creditori del concordato preventivo”. E ancora, La Cassazione riconosce la meritevolezza dell’interesse posto a base del vincolo di destinazione e precisa: “deve ritenersi certamente meritevole di tutela il fine perseguito dall’impresa che, anteriormente al deposito del ricorso per concordato preventivo, costituisca sul patrimonio un vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c. al fine di consentire la soddisfazione proporzionale dei creditori non muniti di cause di prelazione. Detta iniziativa consente, infatti, la conoscibilità dello stato di crisi e preserva il patrimonio da eventuali atti di distrazione o da iniziative destinate ad avvantaggiare solo alcuni creditori in pregiudizio degli altri.” I principi che l’ordinaza sancisce sono due. Primo. Grado di meritevolezza dell’interesse. L’interesse meritevole di tutela, così come codificato dall’art.2.645 ter, non deve avere in concreto la caratteristica di essere “super”, quindi al di sopra di tutti gli altri interessi con cui viene confrontato. Non è necessario verificare se ci sia un interesse che possa essere più rilevante rispetto a quello per cui viene costituito il vincolo di destinazione, per concludere, in caso positivo, che il vincolo di destinazione non si può stipulare perché esiste un interesse che è “più” meritevole di tutela rispetto a quello preso in riferimento per la costituzione del vincolo. Qualsiasi interesse è meritevole, purchè giustifichi la costituzione del vincolo e non sia un mero interesse diretto a segregare il bene. Quindi la segregazione deve essere la conseguenza della costituzione del vincolo e mai la sua causa. E’ vietato pertanto costituire un vincolo di destinazione con l’esclusiva finalità di proteggere l’immobile da attacchi esterni presenti o futuri. Secondo. Ipoteca iscritta successivamente. Il creditore che iscrive ipoteca in data successiva alla precedente trascrizione del vincolo, non ottiene l’effetto dell’iscrizione ipotecaria. L’iscrizione non è opponibile al proprietario del bene vincolato. L’effetto della inopponibilità discende dalla mancanza di coincidenza tra interesse posto a base del vincolo di destinazione e credito. Infatti l’ipoteca sarà validamente iscritta solo se il credito si riferisce ad una obbligazione nascente per realizzare l’interesse a cui si riferisce il vincolo oppure ad una obbligazione gravante sull’immobile vincolato. Di fondamentale importanza è pertanto la determinazione in maniera inequivoca dell’interesse posto a base della costituzione del vincolo: deve essere chiaro, preciso e determinato. Si supera così l’equivoco generato da indicazioni approssimative, quali – nel caso del fondo patrimoniale – “l’interesse della famiglia”, che da una parte è stato considerato un buon motivo per costituire fondi patrimoniali a tutto spiano al fine di mettere in sicurezza immobili, e dall’altra la stessa indicazione generica di interesse, ha consentito alla Giurisprudenza di dilatare così tanto la sua nozione, da rendere vani la quasi totalità di fondi patrimoniali costituiti, in realtà per sottrarre beni ai creditori e non per soddisfare le esigenze di tutela della famiglia.... Leggi di più...TRUSTS E VINCOLI DI DESTINAZIONE: LA LIBERA CIRCOLAZIONE DEI BENI DESTINATI. (Seconda parte).Formaius6 Dicembre 2019Alessio ParadisoIII. Differenze tra trust e vincolo di destinazione. III Già dalla entrata in vigore dell’art.2.645 ter c.c., la gran parte dei commentatori si sono sforzati nel ritenere l’istituto quale trust “all’italiana” e ciò sia perché era evidente l’imbarazzo di fronte ad una norma dal contenuto piuttosto “asciutto” e sia per la (normale) esigenza di dover inquadrare il nuovo istituto in categorie già predeterminate. Ma è evidente che trust e vincolo di destinazione sono due istituti differenti, e solo per una certa assonanza posso essere considerati simili o species di uno stesso genere. In realtà per nulla essi posso essere trattati similmente. Vediamo le differenze. La prima, la più evidente ed anche la più forte è la seguente: Il trust attiene al diritto delle obbligazioni. Il vincolo di destinazione attiene ai diritti reali. L’istituzione del trust comporta obblighi in capo al trustee, nei limiti del regolamento, e secondo le attribuzioni patrimoniali in favore del Fondo in Trust. La costituzione del vincolo di destinazione comporta l’apposizione di un vincolo che grava su un bene (e solo su quello) per la realizzazione di un interesse meritevole di tutela. Quindi l’art.2.645 ter c.c. reca la disciplina dei beni vincolati, mentre la normativa in tema di trust disciplina gli obblighi del trustee. Questa differenza può bastare per poter tranquillamente affermare che ci troviamo di fronte a due istituti radicalmente diversi. Ma siccome spesso un argomento, seppur pesante, non basta, ecco allora un elenco, che rende giustizia delle differenze tra i due istituti. A) FIDUCIA Trust 1) elemento essenziale è la fiducia, 2) il trust viene costituito dal disponente che nomina il trustee (deve naturalmente esserci anche l’apporto patrimoniale) Nel vincolo di destinazione viceversa 1) non solo l’esistenza della fiducia è irrilevante, 2) ma addirittura la fiducia può mancare: viene costituito il vincolo sul bene per raggiungere un risultato, a prescindere dalla fiducia riposta verso l’eventuale soggetto che ha il compito di agire. B) LA TRASMIGRAZIONE DEL VINCOLO Il vincolo riguarda l’immobile e non le persone. 1) Nel caso del vincolo autodichiarato, alla morte del “conferente”, il suo erede sarà obbligato senza volerlo…… ad un obbligo positivo….obbligo di fare Ed ecco la differenza: nel trust, il trustee sa di essere obbligato e vuole essere obbligato; viceversa nel vincolo di destinazione, l’erede riceve un bene gravato da un peso. C) LA DESTINAZIONE QUALE VINCOLO Nel trust manca il vincolo di destinazione per struttura, nel trust rileva la finalità che si propone il disponente di realizzare con l’istituto del trust. Nel 2645 ter la destinazione e l’apposizione del vincolo sul bene sono i momenti qualificanti del negozio. D) STATICITA’ Il vincolo non è rotatorio, il bene oggetto del vincolo non è surrogabile. E) TERMINE Alla scadenza del termine di durata del vincolo di destinazione, il bene ritorna nella disponibilità del conferente; le eventuali iscrizioni pregiudizievoli successive alla costituzione del vincolo riprenderanno vigore! Il bene non è mai uscito dalla sfera del conferente. Viceversa, alla scadenza del termine della durata del trust, il fondo in trust va al beneficiario, e le ipoteche postume non rilevano. F) DUALISMO IMPRESCINDIBILE E DIFFERENZA DI STRUTTURA Emergono maggiormente nel vincolo autodichiarato e nel trust autodichiarato. Differenze. Nel vincolo il conferente mantiene la figura giuridica di proprietario, seppur gravato dal vincolo. Nel trust il conferente agisce quale trustee del trust, cioè quale soggetto giuridico differente dal proprietario del bene che ha eseguito il conferimento Altre differenze le riscontriamo nella dichiarazione dei redditi, nella tassazione diretta, e nella responsabilità civile, e in genere nel rapporto con i terzi. G) INTERESSI MERITEVOLI NEL TRUST E NEL 2645 TER Il trust è un istituto tipico, salvo da verificarne i contenuti in concreto: il trust di per sè lecito può diventare illecito se persegue una finalità contraria all’ordinamento giuridico. Diversamente per il vincolo di destinazione, è necessario un interesse meritevole di tutela. Il vincolo è nullo se non è sorretto da una causa meritevole di tutela: il vincolo, per legge, non ha una sua causa tipica, ed in più è necessario che la causa sia “meritevole”. H) CONTENUTO Vincolo: il contenuto può essere determinato in analogia con la disciplina del mandato, al fine di indicare norme di funzionamento.Trust: Convenzione de l’Aja e legge applicabile.... Leggi di più...TRUSTS E VINCOLI DI DESTINAZIONE: LA LIBERA CIRCOLAZIONE DEI BENI DESTINATI.Formaius17 Settembre 2019Alessio ParadisoI. Nozione, causa giuridica, natura giuridica, fondamento, finalità dei beni vincolati II. Distinzione dai beni segregati. I Il nostro ordinamento giuridico conosce varie fattispecie di beni destinati: Fondo patrimoniale art. 2.447 c.c. art.2.645 ter c.c. art. 2741 c.c. ipoteca sequestro convenzionale 1798 c.c., 2° c. 1800 c.c. art. 117 legge sulle assicurazioni (che evidenzia la segregazione) legge 130/99 art. 3 c.2 che evidenzia destinazione e separazione Il conto “dedicato” del notaio (che non è proprio un patrimonio separato). Il legislatore chiarisce in varie fattispecie la nozione della destinazione. In particolare, secondo la definizione dell’art.167 c.c, il fondo patrimoniale viene costituito mediante la destinazione di determinati beni a far fronte ai bisogni della famiglia. Il bene, che fa parte del fondo patrimoniale, è destinato per una finalità ben precisa (precisa si fa per dire…..), o meglio per una finalità “indicata”, e il cui significato è tutto da stabilire. Ma non è questo argomento che riguarda il nostro studio. Ne deriva che il bene è, per definizione legislativa, destinato alla realizzazione di uno scopo e la gestione del bene deve essere svolta in funzione dello scopo predeterminato. Deve essere verificato per il bene facente parte del fondo patrimoniale, in quanto destinato, il grado di tutela che esso riceve dall’ordinamento giuridico, affinchè possa essere utilizzato per realizzare lo scopo per il quale è stato destinato. Esso è impermeabile alle vicende giuridiche che non riguardano la realizzazione dello scopo prefissato, oppure è soggetto a interferenze che ne possano pregiudicare la sua funzione? Il dubbio è fondato: il bene destinato è aggredibile, e quindi la destinazione impressa non ne assicura la sua insensibilità a eventuali azioni dirette a far valere ragioni creditorie di soggetti che nulla hanno a che vedere con la finalità prefissata. Natura Giuridica. L’atto di destinazione è un negozio giuridico e può essere unilaterale oppure bilaterale (contratto). La causa giuridica che presiede la destinazione del bene può essere sia di natura liberale che di natura onerosa. Possiamo dire che la destinazione del bene è un negozio giuridico a causa variabile. La destinazione del bene è anche un atto tipico, anche se talvolta può essere a contenuto atipico (art.2.645 ter c.c.). Fondamento. Il fondamento del negozio di destinazione risiede nella esigenza di assicurare la realizzazione di un interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico. II Spesso nella pratica viene dato per assodato che i concetti di bene destinato e bene segregato coincidono. Si afferma genericamente che la destinazione realizza la segregazione patrimoniale quale effetto indiretto, dimenticando invece che segregazione e destinazione sono concetti distinti, seppur sovrapponibili, ma a certe condizioni, e quindi l’una non comporta necessariamente l’altra. Il bene destinato non sempre è anche segregato. La distinzione di nozione è fondamentale per comprendere appieno il regime giuridico del bene destinato, e così per il funzionamento delle regole di circolazione, per la tutela dei terzi, dei titolari dei beni e dei destinatari dei beni. Chiariamo questa distinzione. Il bene è destinato quando è rivolto ad uno scopo predeterminato dal suo titolare, nel rispetto della legge. Il bene è segregato quando fa parte di un patrimonio separato. Ed allora quando un patrimonio è separato? E soprattutto separato da chi o da cosa? Esempio classico è La Fondazione. La costituzione della Fondazione comporta la nascita di un patrimonio separato. Situazione diversa invece nel caso di Fondo Patrimoniale. Il bene è destinato a soddisfare ai bisogni della famiglia, ed è insensibile alle obbligazioni non contratte per lo scopo indicato. La storia giurisprudenziale ci racconta che la nozione di bisogni della famiglia è stata tanto dilatata, da farvi rientrare quasi tutte le fattispecie di obbligazioni, con la sola eccezione delle spese voluttuarie e speculative. A noi non interessa entrare nel merito della “vexata quaestio” della definizione di bisogni della famiglia, ma ci basta solo osservare che questo effetto “fisarmonica” della definizione dell’interesse tutelato, che tanto incide sulla aggredibilità del bene (seppur) destinato, evidenzia la mancanza di confini certi tra i beni del costituente liberamente aggredibili e quelli che, in teoria, non lo dovrebbero essere per via della destinazione. Nel caso di Fondo patrimoniale non si può parlare di patrimonio segregato per quanto appena indicato. Il patrimonio è separato quando: 1) non è più nella disponibilità del titolare originario (contra fondo patrimoniale), 2) non è nella disponibilità del suo attuale titolare, non è quindi aggredibile dai suoi creditori, non fa parte del suo regime patrimoniale, né farà parte della sua successione, né farà parte del compendio fallimentare in caso di suo fallimento, 3) non fa parte del patrimonio dei beneficiari, 4) possiamo considerarlo un patrimonio senza un soggetto titolare (sostanziale) attuale. Il patrimonio “segregato” sarà utilizzato per la destinazione e non per altro. Ma, all’interno del patrimonio segregato, vi sono i singoli beni che ne fanno parte e che non sono tecnicamente destinati perché alienabili. Infatti il patrimonio segregato ha una ulteriore elemento di distinzione rispetto al singolo bene (o al patrimonio) destinato, ed è il carattere cc dd “rotatorio”. Infatti il bene destinato può essere alienato solo ed esclusivamente per realizzare lo scopo di destinazione, mentre un bene facente parte di un patrimonio separato può essere alienato anche per scopi diversi rispetto alla destinazione per cui era stato costituito il patrimonio segregato. In concreto, se è stato istituito un trust nell’interesse di beneficiari e conferiti determinati beni, alcuni di essi potranno essere alienati per eseguire riparazioni relative ad altri beni maggiormente pregiati o utili economicamente; oppure, i beni facenti parte del Fondo in trust potranno essere alienati per eseguir investimenti monetari, se ritenuti più proficui. I beni facenti parte del patrimonio segregato cioè vengono impiegati nell’ambito della finalità senza il vincolo di destinazione. Viceversa nel caso di bene (o patrimonio) destinato, esso verrà impiegato per soddisfare l’interesse a cui è stato destinato null’altro, non potrà quindi essere surrogato con un altro: se i coniugi decidono di vendere un bene costituito in fondo patrimoniale per acquistarne un altro, il fatto giuridico della surrogazione del bene non comporta il sorgere del vincolo, non comporta la reintroduzione nel “vecchio” fondo patrimoniale. Sarà necessaria la costituzione di un “nuovo” fondo patrimoniale costituito dal bene acquistato in surrogazione del precedente. Le conseguenze non sono di poco conto. Nel caso del patrimonio segregato, la surrogazione non pone problemi di tutela del patrimonio. Nel caso di fondo patrimoniale, il bene “surrogato” anche solo per un attimo – finchè non sarà costituito in fondo patrimoniale – è soggetto comunque all’azione di eventuali creditori. Ma c’è di più. La “nuova” costituzione del fondo patrimoniale comporta il ricalcolo del “dies a quo” per la decorrenza del termine di cui all’art.2.901. c.c., circostanza che evidentemente non si verifica nel caso di surrogazione di un bene facente parte di un patrimonio separato.... Leggi di più...